Sognando la California sulla nuova Range Rover

2022-07-02 07:15:26 By : Ms. Jennica lee

Siamo andati nella Napa Valley alla scoperta del Modern Luxury

Come un arciere che incocca, tende l’arco, mira e scocca. Concentrazione, respiro, consapevolezza. Non sbagliare un colpo, raggiungere l’obiettivo. Anzi gli obiettivi, tutti della stessa importanza. Innovare e continuare a far vivere un mito. Perché ci sono automobili che sono entrate e fanno parte della storia, e chi deve mettere mano al modello successivo lo fa sapendo che non può sbagliare per nulla al mondo. L'ultima Range Rover è proprio come quella freccia che sibila nell’aria inviata a cogliere il centro del bersaglio, esattamente dove deve andare.

Mi aspetta in California la nuova Range Rover, dove il sole è caldo, il cielo è blu e le foglie non sembrano voler cadere mai. Con la promessa fatta mille volte cantando i Dik Dik “e un giorno io verrò”, sulle note dei Mamas and Papas, arrivo con l’entusiasmo di chi vuole godersi il momento.

La Range Rover è un’auto regale, non fosse altro perché alla Regina Elisabetta ancora oggi piace farci un giro, guidandola personalmente. Ma c’è di più, perché qui parliamo anche di un portamento regale, che non è cosa da tutti, e neanche da tutti i giorni. Possiamo allora parlare di un intreccio di eleganza e gentilezza, grazie a quelle tre linee che risalgono alle origini del mito attraverso le generazioni: la linea discendente del tetto, la linea di cintura forte e la linea ascendente delle soglie.

Si tratta di un filo conduttore che mi lascia a bocca aperta quando realizzo che la linea di cintura non si interrompe mai, girando completamente attorno alla vettura. E’ quell’attenzione ai dettagli che mi mette sull’attenti, perché questa non è e non vuole essere un’auto come le altre. Diventa quasi un piacere fisico toccare il bordo arrotondato della portiera che incontra il vetro in un accostamento semplice e pulito grazie a una finitura nascosta. Uno dei tanti esempi che mi lasciano da una parte sbigottito e dall’altra consapevole del lavoro di progettazione fatto in Inghilterra.

“I'm an Englishman in New York” mi canta Sting alla radio quando sto per entrare nella Napa Valley, dove nessuno è un alieno e “be yourself no matter what they say” non è mai stato un problema. Un luogo che sembra aver ricevuto una benedizione divina, perché nonostante tutte le difficoltà climatiche riesce ad essere bello ed attrattivo. Ville, villone e vere e proprie tenute che si susseguono in cittadine graziose che sembrano uscite da set cinematografici, e che poi scopro essere state davvero protagoniste di film e telefilm. Vigne e vigneti disposti in maniera armonica sulle colline circostanti, che compongono paesaggi da cartolina. E’ come se avessero preso qualche scorcio italiano e l’avessero inserito in un super filtro Instagram. E’ un’Italia all’ennesima potenza, oppure è semplicemente l’America che qui riesce ad essere ciò che vogliamo, e forse anche qualcosa di più.

Ecco allora l’entrata in un vigneto spettacolare, al McEvoy Ranch di Petaluma dove tutto è al posto giusto, dove non c’è una virgola fuori posto. Tutto è curato con una precisione maniacale, tanto da costringermi a stare seduto in auto, contemplando ogni singolo filare di vite. Mi accorgo solo qualche istante dopo che davanti a me c’è anche un uliveto, e mi si apre un mondo. Perché tutto quello che vedo è proprietà della famiglia McEvoy, gli stessi che si sono susseguiti alla guida del San Francisco Chronicle, quotidiano storico della città della Baia, ora di proprietà Hearst.

Ci vuole una volontà davvero ammirevole per innamorarsi così tanto dell’Italia da spingere una persona a decidere di portare nella Napa Valley il gusto e la qualità dell’olio d’oliva tipica del nostro Paese. Semi, piante, esperti, macchinari, frantoio. Tutto quello che si poteva portare dall’Italia è stato portato qui, tranne la terra, il sole e l’acqua. Il risultato è incredibile, perché l’assaggio mi porta a pensare di essere da qualche parte tra Toscana ed Umbria. Ma attenzione, perché non c’è nulla di “finto”, non è una imitazione, non sono nella copia di Venezia a Las Vegas. Qui c’è tanta passione, rispetto e determinazione.

Esco dal Rach un po’ frastornato, a bordo della Range Rover. Mentre guido tra strade dal manto stradale tutt’altro che perfetto, penso che al MacEvoy si respiri lo stesso spirito di chi ha deciso come sarebbe stata l’auto che sto guidando. Un po’ classica e un po’ moderna, non una copia ma qualcosa di più, rimanendo sé stessa.

C’è tanta tecnologia combinata con il lusso moderno, ma con una raffinatezza senza pari. Non si tratta della ricerca fine a se stessa, ma di qualcosa che rientra nella utilità quotidiana. Ad esempio eliminando rumori, vibrazioni e distrazioni indesiderate si riduce il carico cognitivo di guidatore e passeggeri, in modo che tutti possano arrivare a destinazione riposati, rilassati, anche dopo i viaggi più lunghi. Pure in questo caso non si tratta solo di un “trucco”. Le sospensioni preventive utilizzano i dati del navigatore eHorizon per leggere la strada da percorrere e preparare le sospensioni a fornire risposte perfette, isolando l'abitacolo dalle imperfezioni della superficie in modo più efficace che mai, utilizzando molle pneumatiche avanzate. Non è un caso che mi accorga di essere alla guida da ore, eppure mi sembra siano passati solo una decina di minuti.

Mi lascio cullare dal motore ibrido, che riesce a combinare una certa serenità ad quel pizzico di proprio brio quando serve. Partenze da fermo, piuttosto che sorpassi in sicurezza, non c’è nulla che non si possa fare con la nuova Range Rover. Certo, il fisico è di taglia XL, l’inerzia si sente, quindi va trattata con quel rispetto con il quale si approcciano le grandi. Tuttavia anche nel traffico si destreggia senza alcun problema, quasi come fosse nata per la città.

Quando rientro sulla freeway verso Sonoma County, incomincio a “giochicchiare” con i due spettacolari display, uno sul cruscotto, uno sulla parte superiore della console centrale. Il primo riesce a darmi tutte le informazioni che mi servono, compreso il navigatore 3D. Ha il pregio di essere immediato senza distrarre alla guida, cosa da non poco conto. Il secondo display è in realtà uno schermo curvo che dona una leggerezza architettonica agli interni con un design del telaio minimalista. Ha il valore assoluto di non essere il classico “tablet” piantato sulla dashboard, quanto invece essere integrato con gli interni. Fornisce un controllo intuitivo di tutte le principali funzioni del veicolo, utilizzando una interfaccia ispirata agli smartphone, insieme a comodi interruttori fisici per il controllo del clima.

Ma non è tutto, perché la nuova Range Rover dispone anche di un nuovo sistema di intrattenimento per la seconda fila di sedili, con i touchscreen HD regolabili da 11,4 pollici montati sul retro degli schienali anteriori. Per comandarli, c’è un ulteriore controller touchscreen da otto pollici montato nel poggiabraccia centrale dei sedili posteriori Executive Class.

E qui apriamo un capitolo decisamente particolare, perché sulle versioni SV, ovvero Signature Suite, epitome dell'attenzione ai dettagli e dell'esperienza del team Special Vehicle Operations, trova posto il Club Table. Lusso allo stato puro: dalla consolle che corre per tutta la lunghezza della cabina, si alza silenziosamente in posizione in un unico movimento scenografico un vero e proprio tavolo. Il suo supporto è ricavato da una billetta di alluminio ed è uno squisito pezzo di ingegneria tecnica. Il Club Table può essere ruotato per servire anche uno solo dei due passeggeri posteriori. La sua superficie, prolungata da ante pieghevoli con cerniere ammortizzate, è così spettacolare da costringermi a ripetere chiusura ed apertura per innumerevoli volte.

Poteva finire qui? Ovviamente no, perché ci sono anche portabicchieri estraibili elettricamente, dotati di un sistema di sollevamento a camme e progettati per funzionare in armonia con i bicchieri Dartington Crystal e nascosti nel frigorifero integrato tra gli schienali dei sedili posteriori.

Può essere a questo punto ininfluente dire che l’audio a bordo è semplicemente perfetto. Il sistema Meridian Signature da 1.600 W non sbaglia un colpo, riuscendo a sbrogliare anche le strutture musicali più intricate in suoni puliti e godibili. Non c’è brano che possa metterlo in crisi, e ovviamente non c’è alcun sentore di riverbero o vibrazioni fastidiose. Gli altoparlanti aggiuntivi da 20 W situati nei quattro poggiatesta principali contribuiscono ad un'esperienza sonora più coinvolgente. Ma non c’è solo suono: c’è anche silenzio. Si, il sistema Active Noise Cancellation monitora le vibrazioni delle ruote, il rumore degli pneumatici e i suoni del motore che penetrano nell’abitacolo e genera un segnale in controfase, riprodotto attraverso i 35 altoparlanti principali del sistema, che li annulla. La coppia di altoparlanti da 60 mm di diametro situati nei poggiatesta delle prime due file creano zone di silenzio personali, simili all'effetto ottenuto dalle cuffie dotate di cancellazione del rumore.

Sembra incredibile, ma quando mi spingo su uno sterrato che si inerpica su una collina, quando il fondo diventa sdrucciolevole, sono tanto immerso nel mio sottofondo sonoro da non rendermi neanche conto della difficoltà proposta dal piccolo sentiero. E’ colpa mia, sicuramente, mentre il merito della mia guida spensierata è della trasmissione intelligente All-Wheel Drive controllata da un sistema che monitora i livelli di aderenza e gli input del conducente 100 volte al secondo per distribuire in modo predittivo la coppia tra gli assi anteriore e posteriore e sull'asse posteriore. Un aiuto fondamentale, accompagnato dal differenziale posteriore con bloccaggio attivo che ottimizza la trazione all'asse posteriore proprio sulle superfici a scarsa aderenza e durante l'articolazione delle ruote in fuoristrada, offrendo una maggiore capacità di guida e sicurezza.

Arrivo alla fine del percorso, alla Robert Young Estate Winery di Geyserville, e la prima cosa che penso è che vorrei tornare indietro e rifare tutto da capo. Non mi capita spesso, ma arrivato a questo punto devo alzare le mani in alto e ammettere che ha vinto lei. Si, la Range Rover, un’inglesina in California. La regina del Modern Luxury, che significa sempre e comunque gentilezza e raffinatezza, ed anche quando c’è esagerazione è meglio non farlo vedere a tutti. In un mondo bling-bling, un po’ cafone e caciarone, la nuova Range Rover vuole imporre la propria eleganza e quel certo understatement inglese che conquista.

Prima di lasciare l’America incontro Gerry McGovern OBE, Chief Creative Officer di Jaguar Land Rover. “Per me la nascita di una nuova Range Rover è come la nascita di una figlia”, mi dice “Anche per questa ho grandi aspettative, ma devo lasciarla andare, lasciarla crescere, vedere come va. Ed ovviamente esserne orgoglioso, come una figlia.” Anche perché questa “è semplicemente la Range Rover più desiderabile mai creata”. Come dargli torto?

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