Termovalorizzatore, dalle operazioni di scarico alla produzione di energia fino al trattamento dei fumi: ecco come funziona l'impianto di Bolzano - il Dolomiti

2022-08-21 08:54:40 By : Ms. Irene Zhang

Mentre in Trentino si continua a discutere sulla possibilità di realizzare un termovalorizzatore sul territorio provinciale, il direttore generale di Eco Center, la società che gestisce l'impianto di Bolzano (in funzione con ottimi risultati dal 2013) spiega a il Dolomiti tutte le fasi del processo che permette di trasformare in energia (elettrica o termica) i rifiuti in Alto Adige

BOLZANO. Dalle operazioni di scarico dei rifiuti alla produzione di energia fino al trattamento dei fumi: il direttore generale di Eco Center (la società che gestisce il termovalorizzatore di Bolzano), Marco Palmitano spiega a il Dolomiti il funzionamento dell'impianto altoatesino, attivo nel capoluogo dal 2013. Proprio negli ultimi giorni, dopo l'incendio che a Ischia Podetti ha interessato dei rifiuti 'parcheggiati' e in attesa di essere trasportati fuori regione, in Trentino ha ripreso vigore la discussione sulla possibilità di realizzare un termovalorizzatore sul suolo provinciale, ed il vice-presidente della Pat Mario Tonina ha specificato che “entro l'anno” verrà presa una decisione (Qui Articolo). A livello politico però il M5S ha già tuonato contro l'ipotesi di realizzare un impianto, sottolineando che “un inceneritore trasformerebbe la gestione dei rifiuti in un problema sanitario: i nano-particolati emessi andrebbero a incidere sulla salute dei cittadini”, mentre voci contrarie si sono alzate da diverse associazioni ambientaliste.

Nelle ultime settimane il Dolomiti aveva approfondito, insieme all'assessore bolzanino Stefano Fattor, l'impatto sul territorio dell'impianto di Bolzano (Qui Articolo), evidenziando come in termini di immissioni il risultato sia “pari a zero, o quasi”. Ma quali sono i vari passaggi che i rifiuti seguono fino ad essere trasformati in energia? “Quando i camion arrivano all'impianto – spiega Palmitano – innanzitutto passano attraverso il portale di rilevamento della radioattività per poi essere pesati”. A quel punto i responsabili verificano dal formulario la tipologia di rifiuti trasportati, la maggior parte dei quali, a Bolzano, rientra tra i solidi urbani, per poi passare alla fase di scarico nella fossa di stoccaggio. “Si tratta – continua Palmitano – di una grande vasca in cemento chiusa e aspirata (l'aria che 'esce' viene infatti utilizzata nella camera di combustione) all'interno della quale un gruista miscela il rifiuto nei limiti del possibile, caricando poi il materiale nel forno”.

Forno all'interno del quale la temperatura rimane stabilmente intorno ai 1000 gradi centigradi, grazie al potere calorico del rifiuto raccolto: “In sostanza entra il materiale necessario a mantenere quella temperatura – spiega il direttore di Eco Center – noi impostiamo la quantità di vapore che vogliamo produrre e in una certa misura l'impianto poi si autogestisce”. A Bolzano infatti non viene utilizzato gas per la combustione, ma solo per le fasi di accensione e spegnimento, nelle quali è necessario seguire certe 'rampe' di temperatura per portare al livello adatto i materiali che formano il forno stesso, costituito da una camera di combustione raffreddata ad aria. I fumi che vengono prodotti nel processo e l'aria di combustione a quel punto sono ad una temperatura di circa 1000 gradi e vengono quindi convogliati all'interno di una caldaia, dice Palmitano: “Dove vengono raffreddati a circa 200 gradi e viene recuperata l'energia che contengono tramite il vapore, che a sua volta viene poi mandato nelle turbine per produrre energia elettrica. È possibile anche decidere di spillare una parte del vapore che attraversa le turbine e cedere eventualmente calore alla rete di teleriscaldamento urbano”. Nel 2022 per esempio, il termovalorizzatore di Bolzano ha trattato oltre 82mila tonnellate di rifiuti, producendo oltre 57mila Megawatt/ora di energia termica e oltre 59mila Megawatt/ora di energia elettrica.  

A questo punto il processo di recupero dell'energia è finito, ma restano da trattare i fumi derivanti dalla combustione, che vengono depurati a Bolzano con un sistema a doppio secco: “Si tratta in sostanza – spiega il direttore di Eco Center – di due stati di filtrazione su filtri a maniche in goretex. Il primo stadio viene effettuato con un tratto con carboni attivi e calce ed il secondo con bicarbonato e carboni attivi. A quel punto i fumi sono completamente deacidificati e passano nell'ultimo trattamento catalitico per eliminare i diossidi di azoto, finendo in seguito nel camino, dal quale escono totalmente depurati”. Prima dello sbocco in atmosfera, il sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni consente poi di analizzare e registrare istante per istante la concentrazione degli inquinanti residui e, in caso di superamento temporaneo dei valori autorizzati, l'alimentazione dei rifiuti al forno viene automaticamente sospesa fino al ripristino delle regolari condizioni di funzionamento.  

Qual è quindi, in definitiva, il residuo del processo? “Dal forno vengono recuperate le ceneri di combustione – conclude Palmitano –, i metalli ferrosi presenti nelle scorie vengono recuperati per mezzo di un separatore magnetico e riciclati, mentre stiamo progettando il recupero del materiale restante (che al momento viene accumulato in discarica), un trattamento attivo per esempio nel Bresciano o in Veneto”. In termini numerici “delle 130mila tonnellate di rifiuti trattati in un anno le scorie (che puntiamo a recuperare totalmente) sono 25mila tonnellate, mentre sono circa 6mila le tonnellate di polveri da trattamento dei fumi. Va ricordato che gran parte di quelle 25mila tonnellate di scorie andremo a recuperarle e che, in generale, il peso specifico di questo tipo di residuo è molto maggiore rispetto a quello dei rifiuti, portando quindi ad un grande riduzione di volume, che è il fattore più importante per le discariche. Trattando solo questo tipo di residui infatti, la vita di un sito di allunga di circa 10 volte. Se conferissimo tutte le scorie nella discarica di Ischia Frizzi per esempio, il sito si esaurirebbe tra circa 50-60 anni, ma con il processo di recupero delle scorie stesse la vita della discarica si allungherebbe di centinaia di anni”.